Perché parliamo?
Michèle Cooke
Il diciannove dicembre. Uno dei giorni più brevi dell’anno. Sono andata al mercato di Natale in un parco non lontano da me. Tra gli alberi nudi il cielo invernale brillava rosso e blu ghiaccio. Ho guardato i colori, gli alberi, il cielo freddo. In questi pochi momenti ero felice. Ma mi sono sentita anche totalmente sola. Non era possibile condividere l’esperienza con alcun’altra persona. Ero isolata dall’impotenza delle parole.
Sono le parole che ci separano dai nostri sentimenti. Nel momento in cui pensiamo, in cui cominciamo a cercare “la parola giusta”, perdiamo il senso immediato. Non possiamo parlare senza perdere tutti i sensi diversi del silenzio.
“Le cose più importanti succedono in uno spazio che non ha mai sentito il suono di una sola parola.” –&nsbp;Rainer Maria Rilke
La verità emozionale non si dice. Si nasconde dietro le nostre parole. Nessuno potrebbe mai dire la verità intera. Non perché non possiamo vederla o sentirla. Ma perché ogni lingua è una traduzione di diversi verità emozionali. Esistono molte traduzioni giuste. E ogni traduzione rivela solo uno sguardo fugace della cosiddetta verità. Siamo tutti traduttori.
È possibile parlare senza essere anche traditori?
Si. Perché parliamo per alleggerire la solitudine esistenziale.
Quando diciamo pensieri che non vengono dal cuore, parliamo parole vuote. Suonano fredde e non autentiche. Non si riferiscono alla nostra vita interiore. E senza questa relazione con noi stessi non possiamo relazionarci con gli altri.
Soprattutto, non possiamo sviluppare il coraggio di riconoscere che “gli altri” sono noi stessi. Tu sono io. Io sei tu.
Senza questo coraggio, non è possibile amare. Senza amore, non è possibile relazionarsi.
Dal desiderio, dal bisogno di relazioni autentiche cresce un circolo non vizioso ma benevolo ed infinito. “We love each other or we die.” (W.H. Auden, 1939) Ci amiamo tra di noi o moriamo. È perché dobbiamo parlare. E dire la nostra verità emozionale, per quanto effimera possa essere.
dicembre 2021